Il capitale umano

Esistono territori dove la grande trasformazione, l’inversione di tendenza, la costruzione di un mondo nuovo sta già avvenendo. Territori a cui il riconoscimento giuridico della figura del Coordinatore Turistico Territoriale offrirebbe nuovi strumenti formativi per iniziare a costruire il “turismo del futuro”. Valeria Cescato, nell’articolo, ci parla proprio di quei giovani che scelgono il ritorno al territorio portando con loro progetti d’ospitalità.

Il ritorno al territorio come valore

Giovani tra i 30 e i 40 anni, sia single che famiglie, scelgono di trasferirsi nei territori, di allontanarsi dalla città, dalle presupposte comodità, da quelle che ci hanno abituato a percepire come zone di confort. Lo fanno perché si accorgono che di confortevole, in quel modo di vivere, non c’è più nulla. Competizione estrema, scarsissimo spazio per manifestare i propri talenti e condividerli con gli altri, aria di pessima qualità. Quindi si allontanano, di solito a una distanza che, misurata in tempi di percorrenza, oscilla tra una e due ore di viaggio dalla loro città di origine. Oppure ritornano al paese dei nonni. I genitori hanno voluto e potuto vivere la città come una forma di emancipazione, ma già loro ritornano, percorrendo a ritroso la storia dell’abbandono del territorio italiano del dopoguerra.

Il bello è che, essendo “foresti”, hanno un approccio al nuovo territorio completamente diverso da chi lo considera casa, lo abita da generazioni e, spesso, non lo percepisce come valore. Quindi lo esplorano, lo studiano, lo vivono con attenzione e consapevolezza e, inevitabilmente, creano nuove relazione con le altre persone. Di solito legano con gli anziani, perché da loro riescono a farsi raccontare le storie di quando gli uomini e il territorio vivevano ancora insieme, in un legame strettissimo. I tempi in cui la vita degli esseri umani dipendeva dalla terra. Altrettanto velocemente incontrano quei cittadini residenti e resistenti che, a discapito di tutto, restano nel loro paesello d’origine, lo amano, ne colgono la bellezza e il valore o, magari, solo l’opportunità e, invece di scegliere la via della città, investono lì la loro vita e il loro tempo lavorativo.

I giovani di ritorno al territorio vi portano i loro progetti di vita e di ospitalità

Il ritorno al territorio dei giovani con i loro nuovi progettiSpesso arrivano nei piccoli centri di collina o media montagna, perché staccarsi dalla pianura diviene un gesto catartico. La cosa stupefacente è che questi sognatori, quando scelgono di spostarsi nei piccoli comuni d’Italia, hanno quasi tutti una caratteristica in comune: portano con loro progetti di ospitalità. Che siano di accoglienza o di attività esperienziali, oppure di agricoltura consapevole, sono tutti progetti di sviluppo e non di sfruttamento delle risorse locali. Li accomuna il desiderio di condividere le ragioni della loro scelta e del loro impegno: la bellezza di quel territorio che hanno riconosciuto come favorevole alla loro crescita, personale e professionale. Così, istintivamente, investono in attività dedicate al benessere dell’ambiente, a quello della comunità e a quello dei visitatori, viaggiatori, turisti.

Purtroppo, la possibilità che questi giovani, ricchi di energia e di talenti, di competenze e professionalità, attentissimi alla sostenibilità e guidati da una vera e propria ispirazione, trovino altre risorse, oltre alle proprie, per dare luce ai loro progetti è molto bassa.

Pensare di rivolgersi a un “bando” sembrerebbe la scelta più agevole, ma anche se fosse facile partecipare e vincere, i bandi ancora oggi sono costruiti più per sovvenzionare cose che non per sostenere economicamente le persone. E quindi questi paladini del destination management si trovano a dover fare sforzi enormi per poter dare vita ai loro progetti e, al tempo stesso, i territori rischiano di perdere grandi opportunità perché non sanno riconoscere e sostenere questi germogli di sviluppo. Si tratta di singoli individui (raramente raggruppati in “collettivi”) che hanno una chiara visione di come le potenzialità si possano trasformare in possibilità e credono che la terra, l’ambiente, il paesaggio, la natura e le relazioni di comunità siano l’unico habitat possibile per la salute fisica, mentale, sociale e spirituale degli individui, anche nel loro ruolo di cittadini.

Il giusto prototipo del Coordinatore Turistico Territoriale

Questi giovani entusiasti e consapevoli sono il prototipo del Coordinatore Turistico Territoriale.

Il ritorno al territorio per fare musica insiemeAmano il loro lago, la loro valle, le loro colline, le loro piazze, hanno competenze professionali pregresse (ingegneri forestali, laureati in scienze ambientali, esperti in nuove economie), hanno molta cura della rete delle relazioni, hanno rapporti con le amministrazioni locali, le pro loco, i comitati cittadini e sono, quindi, una risorsa immensa, una ricchezza da coltivare.

In molte zone del nostro amato e complesso Paese sarebbe forse prematuro parlare di destination management, DMO, DMC, OGD… è però essenziale iniziare subito a diffondere informazioni, conoscenze e competenze per innescare dinamiche che portino a una maggiore consapevolezza e, soprattutto, a una maggior cura di quei beni materiali e immateriali che caratterizzano uno specifico territorio.

Il riconoscimento giuridico della figura del Coordinatore Turistico Territoriale darebbe a questi “volontari del turismo del futuro” la formazione specifica e le competenze necessarie per essere sostenitori dell’economia, significherebbe arricchire la professionalità di chi già opera con i valori della collaborazione, dell’autenticità, della sostenibilità e con strumenti più raffinati di destination management, affinché chi si dedica oggi al bene comune, cioè alla qualità della vita delle comunità, possa al più presto ottenere anche il supporto delle istituzioni.

Valeria Cescato
Consulente per l’ospitalità in natura
Progettazione di esperienze sostenibili

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